Un Dipartimento plurale e articolato

UN DIPARTIMENTO PLURALE E ARTICOLATO
Le elezioni del direttore del Dipartimento sono un momento di democrazia che caratterizza la vita universitaria; sono anche un’opportunità per maturare una riflessione di più ampio respiro, sganciata dalle pur necessarie scadenze burocratiche. Ho già avuto occasione di ringraziare chi ci ha guidato fin qui permettendoci di affrontare un contesto molto cambiato rispetto al passato, e ho anche già avuto occasione di sottolineare che la mia disponibilità a svolgere il ruolo di direttore del Dipartimento si caratterizza principalmente per la scelta di un metodo di lavoro condiviso e plurale. Non immagino la direzione del Dipartimento come la carica di “un uomo al comando” che fa convergere gli altri verso il suo programma: al contrario penso ad un ruolo di coordinamento partecipato dei bisogni e delle aspettative di ciascuno. Sono convinto che l’Università sia una comunità, formata da persone che a diverso titolo la vivono: innanzitutto gli studenti – che devono essere aiutati a vivere al suo interno per il tempo strettamente necessario alla loro formazione -, noi docenti/ricercatori – che dobbiamo essere aiutati a svolgere nel modo migliore possibile entrambe le funzioni -, il personale amministrativo – che deve essere aiutato a sostenere con impegno costante gli uni e gli altri, collaborando nello svolgimento della comune funzione di crescita delle conoscenze.
Per questa ragione prima di preparare un “programma” ho voluto ascoltare tutti, senza distinzioni di ruoli e categorie, chiedendo collaborazione. Ho posto una domanda molto semplice: che cosa vi augurate per vivere meglio il vostro lavoro? Quale Dipartimento sognate?
Dopo una prima riunione collettiva ho diffuso una sintesi delle diverse proposte e riflessioni emerse in quella sede. Altre suggestioni sono emerse in seguito, sia dai Colleghi sia dagli studenti, e ho perciò pensato di predisporre questo testo, che spero possa essere ulteriormente arricchito con il contributo di coloro che vorranno partecipare a questo impegno.

Innanzitutto le premesse:
a) non possiamo limitarci a ripetere quello che abbiamo sempre fatto: dobbiamo avere il coraggio di innovare;
b) dobbiamo fissare le linee lungo le quali muovere i nostri passi nella consapevolezza di non avere interessi contrapposti da difendere gli uni contro gli altri;
c) il nostro scopo è avere buoni studenti: i buoni studenti fanno buoni i professori; didattica e ricerca eccellenti si arricchiscono reciprocamente;
d) dobbiamo organizzare un progetto sistemico, che tenga unite didattica, ricerca e “terza missione”.
Sono ben consapevole delle “gabbie burocratiche” che impediscono di fare “tutto e subito”. Non pretendo di portare a termine un lavoro complesso nello spazio di un quadriennio: ho piuttosto l’ambizione di avviare un “cantiere progettuale” che metta in opera alcune sperimentazioni e che consenta di fare spazio al “possibile nel più breve tempo possibile”. Questo metodo potrà innescare un meccanismo di non ritorno che consenta di far proseguire nel tempo quanto di buono riusciremo a cominciare e lasciare indietro quanto sarà opportuno interrompere. Coordinare una comunità è un servizio temporaneo: imprimere una direzione è un esercizio collettivo. Credo di avere la capacità di ascolto e le competenze gestionali necessarie per avviare questo percorso.
Il punto di inizio della riflessione penso debba essere impostato muovendo dalla domanda formativa. Questo significa saper leggere il “mondo studentesco” che si iscrive ai nostri Corsi in funzione del “mercato del lavoro” di riferimento. Non possiamo ignorare che l’iscrizione all’Università è condizionata dal successivo sbocco lavorativo. In questo senso dobbiamo arricchire la vocazione di un Corso che fornisce una specifica dimensione culturale (quella giuridica) e al tempo stesso ha l’ambizione di governare il cambiamento dello statuto del giurista.

Sotto questo profilo alcuni dati di contesto possono aiutarci ad adottare le opportune misure di cambiamento [Attenzione ai dati: (a) accesso alla professione di Notaio = concorso annuale (in realtà ogni due anni) ultimo (2016) 500 posti. Media dei posti 2011/2016: 200 posti/anno. (b) accesso alla magistratura = ca. 350 posti/anno; (c) la libera professione è pressoché bloccata]. Dobbiamo ovviamente tener conto del progressivo calo delle immatricolazioni, principalmente dovuto alla crisi del mercato legato alle tradizionali professioni forensi (oltre a questioni contingenti – specialmente logistiche – che spero si avviino a soluzione). Mi piacerebbe che il nostro Dipartimento potesse recuperare la posizione primaria che ha avuto a livello regionale giocando un ruolo centrale nel dibattito nazionale; penso che dovremmo diventare un punto di riferimento per ricchezza di idee e soluzioni didattiche e di ricerca che restituiscano prestigio e orgoglio a chi sceglie di studiare diritto a Pisa. Non è vero che tutte le Università sono uguali. Noi dovremmo caratterizzarci per essere un Dipartimento di giurisprudenza più moderno e attrattivo di altri, parte di un Ateneo che ha una grande tradizione che siamo chiamati ad onorare e rinnovare. In questo senso penso al “brand jus unipi” come un contenuto innovativo che restituisca alle nostre studentesse e ai nostri studenti un’identità chiara: quella di persone che ci scelgono per ricevere una formazione eccellente e adeguata al contesto attuale.
Questo significa contrarre un patto chiaro con i nostri iscritti. Noi chiediamo molto perché diamo molto. Dobbiamo perciò innanzitutto garantire un periodo di studi sostenibile, facendo in modo che chi si immatricola possa laurearsi in cinque (o tre) anni (chi si laurea in tempo lavora subito – adesso solo il 25% degli iscritti si laurea in corso -; ai fini lavorativi è più importante laurearsi presto che non avere ottenuto un buon voto finale).

Per raggiungere questo risultato dobbiamo essere consapevoli che:
*) la laurea è un titolo utile per l’inserimento lavorativo: i laureati lavorano più dei non laureati, a cinque anni dalla LM in giurisprudenza l’85% dei laureati lavora stabilmente
*) la maggioranza dei nostri studenti non ha un curriculum di studi di base particolarmente eccellente. Il gruppo di coloro che hanno un voto di maturità fra 90 e 100 si attesta intorno al 20% (18,6% all’ultima rilevazione: 2015), mentre coloro che hanno un voto fra 60 e 69 sono un po’ di più (24,2% nel 2015), il 51,8% ha preso un voto fra 70 e 90;
*) il 75% dei test di ingresso (per quel che valgono) sono insufficienti
*) al primo anno di Corso l’inattività raggiunge soglie del 50%
*) il 35% lascia il Corso dopo il primo anno
*) la media dei voti ottenuti è 25/30
*) il 93,5% dei nostri laureati si dichiara soddisfatto (si iscriverebbe di nuovo a Pisa) e (a) il 23,8% lavora entro un anno dalla laurea in un settore congruente con gli studi svolti; (b) a cinque anni dalla laurea lavora l’85% dei laureati; (c) solo il 20% dei laureati dei laureati magistrali in giurisprudenza lavora nelle tre professioni forensi.
Questi dati ci impongono di
a) immaginare un più efficace orientamento in entrata attraverso incontri nelle scuole superiori del “bacino di utenza” (non solo regionale: vedi i dati di ingresso) che diano puntuali informazioni sia sugli effettivi sbocchi lavorativi sia sulla specificità dell’offerta pisana (questo significa valorizzare le differenze fra triennale e magistrale) anche avviando alcuni “percorsi-pilota” nelle scuole superiori del bacino di utenza per orientare/formare agli studi giuridici;
b) rendere più chiari e trasparenti i test di ingresso. Questi non devono essere una “tassa da pagare”, ma un test effettivo in grado di restituire una valutazione il più oggettiva possibile della affidabilità della scelta dei nostri percorsi formativi. Non uno sbarramento aprioristico e irrazionale, ma un indice di fattibilità esprimibile in più fasce di risultato. Chi raggiunge la fascia più bassa deve essere messo in allarme circa la sostenibilità del percorso che vuole intraprendere; chi raggiunge la fascia media deve poter trovare percorsi di base in grado di colmare alcune lacune (esempio: precorsi); chi raggiunge la fascia alta deve poter ragionevolmente contare sulle sue accertate potenzialità;
c) offrire un tutorato personalizzato e continuo che dia indicazioni individuali sulla scansione temporale degli studi e sulla scelta dei Corsi opzionali, organizzando piani di studio personalizzati, che distinguano fra chi vuole una formazione culturale più larga e chi cerca una formazione più professionalizzante;
d) rivedere i tempi della didattica rendendoli congrui rispetto all’apprendimento e alle forme di verifica, ripensando il rapporto ore di lezione /CFU e articolandolo in funzione degli obiettivi dei singoli corsi
e) verificare i programmi degli insegnamenti, renderli congruenti fra loro e rispettosi del carico di CFU assegnati (attribuire efficaci compiti in questo senso alle Commissioni paritetiche dei Corsi di laurea), avviare forme di didattica sperimentale (vedi oltre), valorizzare la valutazione studentesca della qualità della didattica
f) rivedere gli insegnamenti del primo anno: immaginare percorsi seminariali di introduzione ai temi di base per favorire l’apprendimento delle conoscenze e abilità propedeutiche alla crescita formativa
g) pensare a “Corsi di recupero” – specialmente con riferimento ai Corsi più impegnativi, non solo dei primi anni;
h) immaginare un’offerta più ricca e razionale degli esami opzionali, sostenere percorsi seminariali articolandoli in modo attrattivo e funzionale all’intero percorso di studio (attivazioni ad anni alterni di alcuni opzionali?, maggiore congruenza fra le offerte seminariali e la ricerca dipartimentale – ad esempio con i percorsi di dottorato; immaginare seminari connessi alle novità legislative, giurisprudenziali, eccetera)
i) offrire la possibilità realistica di apprendere una lingua straniera;
l) immaginare rapporti convenzionali stabili col mondo del lavoro che mettano in relazione dinamica domanda e offerta; farlo attraverso un collegamento continuo ed efficace, in primo luogo col servizio di job placement dell’Università di Pisa (che già esiste, ma non sfruttiamo adeguatamente)
m) consentire agli studenti di partecipare alle spin off giuridiche (jurap), avviare una legal clinic, verificare la fattibilità di altre forme di “conto terzi” (un “negozio giuridico Unipi”) con il coinvolgimento degli studenti
n) garantire un’efficace formazione post lauream sufficientemente diversificata:
1) master professionalizzanti [Bisogna cogliere l’opportunità di attivare percorsi sinergici ed interdisciplinari, il più possibile connessi con la domanda formativa professionalizzante, anche in funzione di convenzioni con stakeholder interessati ad una formazione giuridica di qualità]
2) Scuola di specializzazione per le professioni legali [La Scuola di specializzazione per le professioni legali può essere significativamente rilanciata, accrescendo ulteriormente la sua vocazione di strumento utile all’accesso effettivo alle professioni legali, attivando forme di incentivazione all’iscrizione e selezionando i docenti con criteri ancora più fortemente connessi alle necessità professionali]
3) dottorato di ricerca
o) rivedere l’esame finale (non i soli criteri di valutazione) rendendolo più flessibile in relazione allo sbocco lavorativo (diminuire la necessità della “tesi di laurea” tradizionale, predisporre altre possibili forme di “esame finale” – eventualmente collegate ad esperienze di tirocinio -, istituire forme efficaci di dissuasione dal plagio, individuare criteri oggettivi per la valutazione del “carico” connesso alla prova finale).
Occorrerà anche integrare di più la formazione di base dei diversi percorsi di laurea con il post lauream e introdurre diversificazioni in termini di metodologia didattica (ad esempio, addestrando i docenti all’uso della piattaforma moodle; integrando la didattica tradizionale frontale con altri strumenti; fornendo competenze per l’interpretazione delle fonti, addestrando gli studenti all’uso della biblioteca).
Sarà necessario coordinare di più ed equilibrare le attività didattiche svolte presso Corsi di studio afferenti ad altri Dipartimenti (specialmente Scienze politiche, Economia e management, Poli a Livorno, ecc…), senza penalizzare il “peso” di queste attività di docenza rispetto a quelle svolte nei due percorsi LMG e DILPA.

La ricerca

Insistere sulla interdisciplinarità (non solo infragiuridica, ma anche con altre aree: ad es. informatica per il diritto della rete, medicina …; privilegiare eventuali futuri PRA in chiave interdisciplinare) e la comunicazione: costruire reti. Questo potrà produrre forme di valorizzazione della nostra ricerca confrontandola di più fra noi (ad esempio: istituire un seminario periodico di Dipartimento sulla ricerca) e cercando di evidenziare temi di ricerca che possano contrassegnare l’identità del nostro Dipartimento. Da un lato provare a sostenere progetti di ricerca interdisciplinari, dall’altro inserire le singole iniziative che già svolgiamo in un quadro più coordinato (“non disperdere le nostre ricchezze”). Rinnovare lo spessore della Scuola pisana valorizzando la nostra specificità rispetto alle altre aree di ricerca (es.: cicli seminariali “I giuristi e gli altri”)
Ripensare il dottorato di ricerca rendendolo un percorso fruibile per il maggior numero possibile di studenti, valorizzare la presenza sinergica dei dottorandi delle diverse aree, impegnarli in attività di ricerca con ricadute sulla didattica o la “terza missione” dipartimentale. Occorrerà giungere in temi brevissimi alla definizione degli organi e del regolamento del Corso di dottorato, nel rispetto del vigente Regolamento di ateneo e in vista di una migliore definizione della sua identità in termini di individuazione dei temi di ricerca e del progetto culturale complessivo.
Internazionalizzazione
Precisare gli aspetti connessi alla internazionalizzazione: non solo Erasmus per studenti, ma anche per i docenti e il personale amministrativo; programmare titoli doppi o congiunti, sistematizzare le convenzioni internazionali (stabilire linee lungo le quali definire reti e contatti, ampliare il panorama di riferimento), favorire l’ospitalità di docenti e dottorandi in visita e programmare sistematicamente – agevolandole – nostre attività di visita all’estero (visiting professor e visiting researcher); riflettere sull’offerta formativa in inglese e sulla possibilità di garantire un valido apprendimento della lingua straniera da parte degli studenti

Personale e organizzazione

La recente riorganizzazione amministrativa varata dall’Ateneo permette di valutare la possibilità d’immaginare una possibile diversa divisione del lavoro del personale amministrativo, valorizzando le potenzialità già presenti e favorendo lo schema “funzioni e responsabilità” invece di quello attuale (“prodotti e servizi”). Più in generale è necessario semplificare l’attività degli organi e chiarire – anche eventualmente proponendo la modifica dei Regolamenti – le competenze dei Consigli di Corso di studio rispetto a quelle del Consiglio di Dipartimento, nonché favorire il coordinamento fra i diversi Corsi di laurea in cui insegnano docenti del Dipartimento
Rispetto al primo punto, è opportuno consolidare le funzioni proprie dei singoli organi istituzionali (Consigli dei Corsi di studio e relative Commissioni paritetiche) evitando che le decisioni assunte in quella sede vadano discusse nuovamente in sede di Consiglio di Dipartimento. La direzione del Dipartimento assume un ruolo di coordinamento generale, suggerendo forme di equilibrio fra le diverse istanze, che tuttavia devono poter decidere in autonomia le questioni che le riguardano espressamente.
La direzione del Dipartimento sarà coadiuvata dalla Giunta esecutiva, le cui riunioni potranno essere sostenute dalla presenza di persone di volta in volta invitate (senza voto deliberativo).
Considerare la logistica dipartimentale e quella dei Poli didattici: il ritorno in Sapienza pone la necessità di rendere più semplice la mobilità degli studenti (e dei docenti e del personale) fra le diverse sedi dipartimentali e di organizzare la distribuzione delle lezioni in maniera logisticamente più accentrata (attenzione alla identità studentesca: accorpamento delle lezioni delle diverse annualità in una medesima sede, organizzazione affinché l’orario non imponga spostamenti veloci fra sedi lontane)
Occorre precisare il rapporto organico con la biblioteca giuridica (che dovrebbe offrire servizi funzionali alla didattica e alla ricerca indipendentemente dall’auspicato trasloco in una sede unitaria (Sapienza);
Non da ultimo, occorrerà considerare il tema della formazione del personale amministrativo – mettendolo in grado di sostenere le molteplici attività e funzioni che già svolge, oltre quelle che vorremmo potesse assumere in vista di una migliore definizione dell’identità del nostro Dipartimento – e del reclutamento del personale docente. In quest’ultimo caso sarà necessario tener conto delle aspettative degli abilitati già strutturati, ponendole in relazione ad un’indispensabile programmazione chiara, definita e trasparente, assunta sulla base di criteri funzionali all’esigenza di garantire lo sviluppo di linee guida ampiamente condivise e riferite alla progettualità complessiva. Questo significa che nel tempo le esigenze di reclutamento dovranno essere rapportate alla definizione di alcune linee di riferimento che caratterizzeranno l’identità del nostro Dipartimento rispetto agli altri Dipartimenti di giurisprudenza. Gli elementi programmatici sopra descritti potranno aiutarci ad immaginare una politica di chiamate tese a rafforzare il prestigio del nostro Dipartimento, esaltando e sostenendo le competenze già presenti anche attraverso l’inserimento di Colleghi che saranno desiderosi di condividere un ambiente di lavoro creativo e sereno, plurale e articolato.

Università di Pisa
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C.F. 80003670504

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