Sullo sciopero indetto per l’appello d’esame autunnale (aggiornato al 4 settembre)

Alcuni studenti hanno saputo da canali informali che è stato proclamato uno sciopero “degli esami” e mi scrivono per sapere se aderisco. Vorrei perciò chiarire che – al momento in cui scrivo – la “proclamazione dello sciopero” è ancora in intinere: bisogna attendere una risposta dalla Commissione di garanzia, che deve verificarne la legittimità (aggiornamento: la Commissione di garanzia in data 29 agosto 2017 ha comunicato che lo sciopero è legittimo).

Questo sciopero è diverso dagli altri: non è stato “proclamato” da un sindacato, ma da un nutrito gruppo di professori e ricercatori universitari (5.444) – fra i quali il sottoscritto – che da tempo cercano di mettere in luce le difficoltà del mondo universitario. Inascoltato dalla politica perché finora ha agito attraverso lettere e appelli, senza mai creare difficoltà. Perciò adesso ha deciso di creare qualche difficoltà (del resto, è solo bastato annunciare lo sciopero e già la voce circola, come mai successo prima).

Allo studente che sta preparando l’esame per settembre, suggerisco di non interrompere lo studio (e anche di godersi, se può, un po’ di vacanza) programmando di sostenere l’esame nel giorno previsto. Infatti speriamo che le nostre richieste siano accolte e lo sciopero venga annullato. In ogni caso l’appello verrà svolto in una data successiva (circa 14 giorni dopo): perciò si tratta di uno “spostamento” e non di un “annullamento” dell’appello. (Aggiornamento: Siccome lo sciopero è un diritto costituzionalmente protetto, ritengo illegittimo domandare preventivamente agli interessati se intendono scioperare o meno. Nemmeno credo che l’esame di profitto universitario sia un “servizio pubblico” in senso stretto. Ogni Collega si comporterà come crede, personalmente non comunicherò in anticipo nulla di più di quanto ho già fatto e sto facendo. Lo studente si iscriva regolarmente all’appello già convocato. Se quel giorno lo sciopero sarà ancora in essere, verosimilmente l’appello non si terrà. Agli studenti iscritti verrà comunicata la nuova data di appello (straordinaria, non prima di quattordici giorni dalla data “saltata”; al momento non è chiaro se a questo appello straordinario potranno essere ammessi anche studenti non iscritti all’appello eventualmente saltato. N.B. Ogni professore sciopera SOLTANTO per il primo appello fissato nella data 28 agosto-31 ottobre. Nel mio caso salterebbe SOLTANTO l’appello fissato alle ore 9.30 del 14 settembre. Gli appelli fissati lo stesso giorno ad ore successive si tengono perciò regolarmente).

Due parole sul perché scioperiamo.

In termini generali ci interessa che l’Università venga messa nelle condizioni di funzionare. Questo nell’interesse di tutti. Investire in ricerca è l’unico modo per far crescere un Paese. Purtroppo la politica mostra segni contrari, che vorremmo contrastare. Non la faccio lunga, credo che queste difficoltà siano sotto gli occhi di tutti.

In termini più particolari ci interessa mettere a nudo la scarsissima considerazione prestata ai docenti universitari, troppe volte considerati un peso anziché una risorsa. Le nostre richieste specifiche si concentrano sull’aspetto economico riservato alla nostra categoria: composta da dipendenti pubblici non contrattualizzati. L’assenza di un contratto di lavoro ci accomuna – ad esempio – ai magistrati e ai militari (Aggiornamento: prego gli studenti – specialmente quelli di giurisprudenza – di prestare molta attenzione a questa particolarità. I docenti universitari rivestono uno status giuridico di rilievo costituzionale (art. 33 Cost.), non hanno un contratto di lavoro, perché le condizioni del loro impiego sono dettate direttamente dalla legge. Perciò questo sciopero è molto diverso dagli altri).

Il punto è questo: la struttura della nostra retribuzione  prevede(va) un aumento biennale (dal 2010 formalmente triennale) che nel 2010 a causa della crisi economica venne temporaneamente bloccato. Come accade spesso, questa temporaneità è stata confermata fino a tutto il 2015 (qui si trova un dettaglio documentale) solo per i docenti universitari, che quindi sono stati trattati in modo diseguale rispetto agli altri dipendenti pubblici non contrattualizzati (che hanno saputo farsi valere più di noi).

Nel sito del movimento per la dignità della docenza universitaria si trovano i documenti che dimostrano i passaggi effettuati fin dal 2014 per far valere le nostre ragioni evitando uno sciopero. In un ultimo incontro (7 giugno 2017) la Ministra aveva detto che avrebbe dato una risposta entro 48 ore, che non è ancora arrivata (ma non disperiamo).

Noi chiediamo che il “blocco” venga annullato dal 1 gennaio 2015 (anziché 2016) e che il quadriennio 2011-2014 sia riconosciuto ai fini giuridici, con conseguenti effetti economici (insomma, per non rimetterci quando – e se – andremo  in pensione).

Si tratta quindi di uno sciopero rivolto a sostenere in primo luogo i nostri diritti di lavoratori. Il nostro lavoro è espressamente rivolto alla formazione, perciò ci stanno a cuore studenti e allievi. Trattare gli universitari peggio di altri è un pessimo segnale politico. L’Università è diventata un luogo di “lotte fra poveri”: il precariato offende il lavoro di giovani talenti  e umilia le prospettive dei giovani studenti, specialmente di quelli più meritevoli. Il risparmio fatto sulle spalle dei docenti universitari non aiuta la crescita del Paese. Lo deprime ulteriormente.

Mi auguro che tutti solidarizzino con le ragioni dello sciopero, specialmente studenti e studentesse. Del resto, quando un treno è soppresso per sciopero, o salta un esame medico, o un aereo non parte o un bus non arriva, in genere nemmeno sappiamo perché. Adesso sapete che se ritardate un appello è per una buona causa.  Se, nel futuro, l’Università pubblica non esisterà più, la colpa non sarà dei professori universitari (almeno, non di quelli che hanno indetto lo sciopero o – comunque – scioperato)!

(Aggiornamento: Alcuni Colleghi hanno dichiarato che solidarizzano con le ragioni dello sciopero, ma non con le sue modalità perché sarebbero punitive nei confronti degli studenti. Perciò non sciopereranno. Personalmente non vedo quale danno subisce uno studente nel caso in cui il suo esame fosse ritardato di circa 15 giorni, dato che – com’è noto – sono fatti salvi esami finali e che i termini per le borse di studio o altre necessità verranno armonizzati con lo sciopero. Trovo che studenti e studentesse sopportino danni molto più gravi determinati da una politica sorda verso le esigenze della didattica e della ricerca universitaria. Lo sciopero non è contro gli studenti, ma contro le politiche di governo che hanno determinato queste indecenze. Suggerisco allora a questi Colleghi più timorosi di utilizzare lo sciopero, di farlo “bianco”. Quel giorno facciano gli esami, così non urtano la loro coscienza, però chiedano la trattenuta dal loro stipendio. Così ci rimettono anche loro e dimostrano di solidarizzare davvero con chi sciopera).