Ieri è stata presentata alla stampa l’Esortazione apostolica post-sinodale Querida Amazonia, che era molto attesa, soprattutto perché il Documento finale del Sinodo , fra le tante cose, presentava un paragrafo (n. 111) che conteneva una proposta all’autorità competente perché stabilisse «criteri e disposizioni per ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti dalla comunità, i quali, pur avendo una famiglia legittimamente costituita e stabile, abbiano un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato». Questa proposta è stata avvertita da più parti come uno spiraglio attraverso il quale introdurre un’eccezione alla regola del celibato obbligatorio, che alcuni auspicano e altri al contrario aborriscono come un cedimento al secolo.
Come ho già avuto modo di osservare, il celibato obbligatorio non è un dogma di fede e anche la Chiesa cattolica conosce già chierici sposati. Per questo motivo la proposta sinodale non mi è mai sembrata troppo audace, in quanto si limita a chiedere che – data l’eccezionalità della situazione amazzonica – chierici già sposati (tali sono i diaconi permanenti) potessero, a determinate condizioni[1], essere ordinati presbiteri[2]. Ad ogni modo, intorno a questa proposta si sono addensate speranze e timori e molti attendevano una parola definitiva del papa, implicitamente ritenuto «l’autorità competente» per stabilire criteri e disposizioni a tale riguardo. Un’attesa legittima, dato che i cattolici sono abituati a immaginare il papa come autorità suprema e assoluta, cui spetta l’ultima parola su ogni cosa.
E invece papa Francesco ha spiazzato un po’ tutti. Ha formulato un’Esortazione apostolica post sinodale rivolta al popolo di Dio e a tutte le persone di buona volontà (mentre Amoris laetitia, ad esempio, era rivolta ai soli fedeli cattolici), e l’ha rivolta da San Giovanni in Laterano – ov’è la sua cattedra episcopale – anziché da San Pietro – da dove esercita il ministero petrino. Ma soprattutto ha scelto di esprimersi in tono profetico, come un vecchio che sogna, e non come un papa che regna. Un vecchio che sogna grazie all’ascolto delle domande e delle proposte che il Sinodo ha formulato nel Documento che l’Esortazione presenta ufficialmente, invitando tutti a leggerla integralmente per impegnarsi nella sua applicazione e lasciarsi ispirare, così come ha fatto lui.
A ben vedere, siamo per la prima volta di fronte a un testo magisteriale poetico, che non dispone ma invita a sognare. E che sogni! Sogni grandi, che collocano la famosa proposta dei «viri probati» come una delle tante sfide lanciate dal Sinodo: per così dire, la 111ma di 120!
Capisco bene che il teologo si aspettasse qualcosa di più e il canonista cercasse la norma definitiva. Francesco però non è il vescovo dell’ultima parola, ma il pastore che avvia processi. Non colui che li guida, ma che li avvia. Per questo Querida Amazonia si presenta come una delle tappe del più recente processo sinodale, che a sua volta sta costruendo – faticosamente – l’immagine di una Chiesa tutta sinodale, nella quale il magistero pontificio non si sostituisce a quello sinodale, ma addirittura lo presuppone come fonte ispiratrice. Da questo punto di vista, Querida Amazonia ci sorprende perché in un certo senso inverte la gerarchia delle fonti ecclesiali: è il papa che presenta al mondo il Sinodo e chiede a tutti di lasciarsi interrogare dalle sue domande.
Questo vecchio papa legge il Sinodo e sogna. E molti di noi invece vorremmo che disponesse, decidesse, chiudesse i troppi processi aperti. I cattolici non sono abituati a una Chiesa dalle domande aperte e dalle aspettative disattese che ci consegna questo papa. Un uomo nato nel 1936, diventato prete a trentatré anni e vescovo di Roma a settantasette anni, e che viene dall’altra parte del mondo. E’ più amazzonico che romano! Ma per grazia di Dio da sette anni combatte per una Chiesa povera e dei poveri, per una Chiesa non clericale e non abusante. E lo fa avviando processi in cui si lascia coinvolgere. Non sempre corre come molti vorrebbero, ma nemmeno arresta il passo di chi corre. Come ha scritto Stefano Sodaro, Roma non locuta, causa non finita.
Davanti a Querida Amazonia ci sorprendiamo piccoli viri probati appagati da piccoli sogni clericali, mentre il papa sogna «comunità piene di vita», dove religiose e laici «assumano responsabilità importanti», dato che in Amazzonia (come un po’ ovunque) «non si tratta solo di favorire una maggiore presenza di ministri ordinati che possano celebrare l’Eucaristia»; in effetti, «questo sarebbe un obiettivo molto limitato». Al contrario, «abbiamo bisogno di promuovere l’incontro con la Parola e la maturazione nella santità attraverso vari servizi laicali». Il papa sogna una Chiesa marcatamente laicale, nella quale laici maturi siano dotati di autorità: perciò suggerisce ai vescovi (nella nota 136[3]) di applicare il can. 517 del codice di diritto canonico, ossia affidare «ad un diacono o ad una persona non insignita del carattere sacerdotale o ad una comunità di persone una partecipazione nell’esercizio della cura pastorale di una parrocchia». Niente male come sogno; chissà? forse non abbiamo tutto questo bisogno di preti – celibi o sposati che siano – ma di uomini e donne che annuncino il Vangelo e si prendano cura gli uni degli altri.
[1] Ossia, «essere idonei» e «riconosciuti [come idonei] dalla comunità», essere diaconi permanenti «fecondi» (aggettivo in realtà abbastanza ambiguo, che rinvia ad una sorta di valutazione qualitativa del diaconato svolto), e avere ricevuta una – non meglio precisata – «adeguta formazione al presbiterato».
[2] In verità, il Documento sinodale riporta l’espressione impropria «essere ordinati sacerdoti».
[3] Le note delle Esortazioni apostoliche sono sempre molto sorprendenti. Guai a saltare le note!