La Messa non è finita.

Il Dpcm 8 marzo 2020 ha sospeso le celebrazioni religiose in tutta Italia, di tutti i tipi, funerali compresi. La ragione è nota: un’epidemia virale sta invadendo il mondo. Gli scienziati unanimi sostengono che bisogna rallentare il contagio, altrimenti il virus vincerà. Non abbiamo medicine adatte per curare questa malattia. Ciascuno deve fare la propria parte, per sé e soprattutto per gli altri, specialmente se è giovane e forte.

Leggo che qualcuno lamenta una violazione del diritto fondamentale alla libertà di culto. Chi lo fa ignora che il Patto internazionale sui diritti civili e politici, vigente in Italia in forza della legge 25 ottobre 1977, n. 881,  stabilisce che la legge può limitare tale libertà per ragioni di sanità pubblica: ed è questo il caso.

Altri chiamano in causa una violazione del Concordato. Qui davvero non so su quali basi. E’ semplicemente una sciocchezza. Le norme che interessano sia lo Stato sia le confessioni religiose sono subordinate all’esercizio – da parte dei due soggetti interessati – di forme di collaborazione “per la promozione dell’uomo e il bene del Paese”. Se il tempo per collaborare manca, ci si può lamentare solo se le norme vanno contro l’umanità o il bene collettivo. E in ogni caso vanno rispettate. Chi disobbedisce, anche se lo fa per motivi di coscienza, ne risponde davanti alla legge.

In particolare, è penalmente perseguibile per violazione dell’art. 650 del codice penale (inosservanza di un provvedimento di un’autorità) e nel caso anche dell’articolo 452 del codice penale (delitti colposi contro la salute pubblica).

I cattolici che si lamentano della scelta dei vescovi di collaborare per il bene del Paese, dovrebbero sapere che il diritto canonico attribuisce la competenza legislativa in materia liturgica ai singoli vescovi diocesani. Costoro hanno il diritto-dovere di proteggere la vita dei fedeli. In teoria possono anche legiferare contro l’autorità dello Stato, ma certamente non contro il diritto (fondamentale) alla vita.

La messa non è finita. E’ solo sospesa. Ognuno faccia la sua parte perché si possa tornare a celebrarla nella gioia della guarigione.

P.S. (9 marzo 2020, ore 21.30)

La celebrazione eucaristica senza popolo è privata di una parte centrale del suo stesso significato. Essa ha senso in quanto «servizio da parte del popolo e in favore del popolo». Celebrarla senza popolo costituisce una ferita – un sacrificio – accettabile solo in quanto sussiste la «giusta e ragionevole causa» richiesta dal canone 906.





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