Ricerca

L’attività scientifica di Roberta Ferrari si è svolta principalmente nell’ambito della narrativa e del teatro inglesi, con particolare riguardo al novel settecentesco, al gotico ottocentesco, alla narrativa modernista e postmoderna, al dramma contemporaneo. La sua ricerca si è inoltre indirizzata a studi sugli inizi del professionismo letterario femminile, sulla saggistica romantica, la letteratura di viaggio e i rapporti culturali anglo-italiani.
Laureatasi nel giugno 1987 con una tesi sull’interazione tra critica e creative writing nella letteratura del XX secolo, ha inizialmente rivolto i propri interessi alla narrativa novecentesca, con lo studio delle sperimentazioni tecniche che vi si sono condotte, delle poetiche ad esse sottese e del dibattito teorico a cui le une e le altre hanno dato luogo. Particolare rilievo ha avuto nella sua attività di ricerca l’approfondimento di problematiche riguardanti il rapporto con la tradizione e, in generale, il livello dell’intertestualità, con studi sulla presenza di Shakespeare in Ulysses di James Joyce e sul macrotesto narrativo di Graham Swift, autore del quale ha continuato ad occuparsi nel corso degli anni seguendone l’evoluzione artistica. In questa fase iniziale, si è interessata anche alla produzione narrativa e saggistica di Malcolm Bradbury, studiando il rapporto che ha legato a doppio filo le sue attività di critico letterario e di romanziere. Alcune recensioni a testi critici riguardanti il romanzo modernista e postmoderno sono apparse sulla Rivista di Letterature Moderne e Comparate (Rivista Fascia A), con cui ha continuato a collaborare negli anni.
Nel 1988 è risultata vincitrice del concorso per l’ammissione al Corso di Dottorato di Ricerca in Anglistica (IV ciclo, Università di Firenze), e durante il quadriennio del dottorato ha approfondito lo studio della produzione di Flann O’Brien/Myles na Gopaleen, una delle figure più controverse e affascinanti della letteratura anglo-irlandese del Novecento. La rilettura del suo macrotesto narrativo è stata condotta alla luce del singolare rapporto tra vicenda biografica e carriera letteraria: O’Brien rappresenta uno degli esempi più emblematici dell’“anxiety of influence” bloomiana e lo scontro con il “grande precursore” Joyce segna indelebilmente la sua parabola umana e artistica. La tesi discussa per il conseguimento del titolo nel giugno 1993 è stata successivamente rielaborata per la pubblicazione nella Collana “Letteratura anglo-americana” delle Edizioni ETS di Pisa. L’interesse per O’Brien si è successivamente concretizzato in approfondimenti relativi ad aspetti specifici della sua produzione.
Anche per quanto concerne il genere teatrale, ha rivolto principalmente l’attenzione a questioni legate alla problematica intertestuale, concentrandosi su autori quali Samuel Beckett, Tom Stoppard ed Edward Bond, nelle cui opere il complesso rapporto con la tradizione, e in particolare con Shakespeare, genera una fenomenologia quanto mai varia del rimando intertestuale, che in ognuno di questi drammaturghi assume funzioni differenti, divenendo cifra della loro diversità nel concepire il mondo, l’uomo e il teatro stesso.
L’attività di ricerca si è successivamente indirizzata al romanzo gotico e alla narrativa settecentesca, all’interno della quale ha rivolto specifica attenzione ai romanzi della prima metà del Settecento e alla scrittura femminile. Per ciò che concerne il gotico, l’interesse si è appuntato essenzialmente su questioni di ordine tecnico-narrativo, con uno studio dedicato al problema dell’autenticazione in Melmoth the Wanderer. Del romanzo di Maturin ha analizzato anche la dimensione spaziale, con particolare riferimento alla fenomenologia e alle funzioni degli elementi topologici.
Questo interesse specifico per lo spazio nella narrativa ha costituito il punto di partenza di altri suoi studi incentrati sul topos dell’isola in testi del primo Settecento. Robinson Crusoe e Gulliver’s Travels hanno offerto, da questo punto di vista, esemplificazioni significative, illustrando le possibili metamorfosi del topos stesso, che dai due autori (Defoe portavoce dell’ideologia borghese, Swift fustigatore delle sue contraddizioni) è ripreso e utilizzato con intenti profondamente diversi. All’isola è dedicato il numero monografico della rivista Stultifera Navis. Studi di anglistica intitolato Un luogo pieno di voci: l’isola nella letteratura di lingua inglese, da lei curato e a cui ha contribuito con un’Introduzione e un saggio su Robinson Crusoe.
Il volume La nascita di un genere. Il novel del primo Settecento, pubblicato nella Collana Testi universitari delle Edizioni ETS, offre una rilettura di alcuni romanzi fondamentali (Robinson Crusoe, Pamela, Tom Jones) al fine di ripercorrere i momenti salienti dello sviluppo del nuovo genere, tenendo conto, da un lato, del rapporto che esso instaura con la tradizione e, dall’altro, delle istanze di natura politica e socio-economica, oltre che culturale, di cui si fa portavoce privilegiato. L’operazione letteraria condotta da ciascun autore viene illustrata nei termini della sua maggiore o minore adesione alla tradizione narrativa precedente e attenzione al contesto contemporaneo all’interno del quale l’opera cerca e trova i propri spazi di fruizione.
Ad una riflessione sul cruciale periodo di passaggio dalla narrativa secentesca al novel settecentesco è dedicato lo studio del romanzo breve di William Congreve, Incognita, or Love and Duty Reconciled, in cui la contaminazione tra generi (teatro e romanzo) e il gioco metanarrativo s’intrecciano a una disamina del tema dell’identità, declinato attraverso i topoi dello sdoppiamento e del travestimento.
Nel settembre 2002 ha partecipato al convegno internazionale Myths of Europe (Pisa, 12-14 settembre 2002) con un intervento dedicato al Tom Jones, pubblicato dalla casa editrice Rodopi, nel quale ha condotto un’analisi del capolavoro di Fielding alla luce del debito (mai riconosciuto prima dalla critica) dell’autore inglese nei confronti della Commedia. L’intertestualità dantesca si rivela con particolare evidenza nella parte centrale del Tom Jones, i sei libri della cosiddetta “epic of the road”, per i quali Fielding mutua situazioni e personaggi del Purgatorio, operando una rivisitazione ironico-parodistica del referente. Il romanzo di Fielding ha continuato ad essere investigato con studi sulla fenomenologia e le funzioni del dialogo in Joseph Andrews e in Shamela e con un’analisi della dimensione spaziale nel travelogue The Journal of a Voyage to Lisbon.
Sul versante della scrittura femminile, la ricerca ha privilegiato tematiche relative alla ripresa e trasformazione dei modelli della tradizione da parte delle prime scrittrici professioniste a partire dalla seconda metà del Seicento, e in particolare dall’opera di Aphra Behn, il cui Love Letters between a Nobleman and His Sister, esempio di novel ante litteram, è stato studiato dal punto di vista della sperimentazione tecnica che l’autrice vi conduce. Altri romanzi femminili inglesi del XVIII secolo sono stati letti quali interessanti anticipazioni del genere del Bildungsroman. Così è stato per l’opera narrativa più famosa di Eliza Haywood, Miss Betsy Thoughtless, analizzata in un saggio in cui lo studio dei personaggi e della loro caratterizzazione è volto a delineare il percorso di crescita della protagonista, che consiste innanzitutto nel raggiungimento della consapevolezza di sé e del proprio ruolo all’interno della società. La formazione dell’eroina è centrale anche in The Female Quixote di Charlotte Lennox, oggetto specifico di un saggio, uscito in un volume collettaneo di Ashgate (UK), incentrato sull’analisi degli scarti operati rispetto all’ipotesto cervantino, alla luce di una riconsiderazione “al femminile” del romance e dei suoi valori.
Ulteriore ambito di ricerca è stato quello della prosa del Romanticismo, con particolare riferimento ai saggi di Charles Lamb, all’interno dei quali è stata analizzata la complessità dei processi mnestici. Lo studio si è inserito all’interno di un più ampio progetto su memoria e letteratura, di cui è stata coordinatrice a livello dipartimentale e che si è concretizzato nella pubblicazione di un volume collettaneo da lei curato per l’Editrice ETS, con contributi di studiosi italiani e stranieri. Nel saggio “‘Some sickly idiosyncrasy’: ‘The South-Sea House’ e ‘Mackery End in Hertfordshire’ di Charles Lamb”, si analizza la situazione tipicamente wordsworthiana del ritorno ai luoghi dell’infanzia e della giovinezza, che anche in Lamb diventa punto di partenza di un percorso à rebours nei meandri della memoria.
Nel settembre 2004 è intervenuta in qualità di relatore alle Ugo Mursia Memorial Lectures: Second Series, nella sessione intitolata “Conrad and Italy”, con il paper “Translating/Transforming: Dacia Maraini’s Reading of The Secret Sharer”. All’intervento è stato assegnato all’unanimità dai segretari delle società conradiane (presidente Prof. Ed Bojarski) uno dei tre premi messi in palio dalla Joseph Conrad Foundation.
Più recentemente, l’interesse per l’odeporica è stato ulteriormente sviluppato attraverso ricerche sui libri di viaggio di Addison, Fielding, Smollett e di Mary Wollstonecraft, nonché sulla celebre controversia Sharp/Baretti (su cui è intervenuta al Convegno Internazionale Language, Culture and Ideology in the History of Anglo-Italian Relations, Gargnano 2009, con una relazione intitolata “Italy Explained to the English: the Account of the Manners and Customs of Italy by Giuseppe Baretti”, successivamente pubblicata in volume nel 2011). Nell’ambito dei rapporti culturali anglo-italiani ha pure indagato figure quali Marguerite Gardiner, Contessa di Blessington (“Con occhi di donna: The Idler in Italy della Contessa di Blessington”, pubblicato in un volume collettaneo della Bononia University Press da lei co-curato) e Walter Savage Landor, nome di spicco della comunità inglese a Firenze tra gli anni ‘20 e gli anni ’60 dell’Ottocento, a cui ha dedicato una serie di studi, tra cui “Intellectual Affinities: l’amicizia tra Walter Savage Landor e Charles Dickens” (2016), e “Dantesque Conversations: Walter Savage Landor’s Portraits of Dante”, presentato al Convegno Internazionale “Viaggi per scene in movimento/ Journeys through Changing Landscapes” (Pisa, 11-13 febbraio 2016) e in corso di pubblicazione in un volume collettaneo presso la Pisa University Press. Il lavoro su Landor s’inserisce all’interno di una ricerca interdisciplinare dal titolo “Dislocations/Dislocazioni: lingue e letterature in prospettiva transnazionale”, finanziata dall’Università di Pisa nell’ambito del progetto PRA 2015.
Sul versante della letteratura contemporanea, oltre a saggi sulla short fiction di A.S. Byatt e sul teatro di Harold Pinter, nel 2012 ha pubblicato una monografia sulla produzione narrativa di Ian McEwan per la casa editrice Le Lettere di Firenze (Ian McEwan, Collana Letture di contemporanea, diretta da Mirella Billi). Il volume segue il percorso artistico del romanziere inglese dai trasgressivi esordi di The Cement Garden e The Comfort of Strangers fino ai più recenti bestseller, identificando i romanzi come tappe successive di un’ampia, e a tratti dolorosa, esplorazione della natura umana, stimolata di volta in volta dal confronto con le istanze più pressanti della contemporaneità. Accogliendo le sfide della Storia, della politica, della scienza, McEwan confida nella capacità della scrittura, e in particolare del romanzo, di gettare uno sguardo alla condizione umana che sia alternativo rispetto ai grandi discorsi della filosofia, della religione, della scienza stessa. Le sue opere diventano dunque terreno di una feconda riflessione metanarrativa che la monografia esplora nel suo tentativo di saggiare i limiti e le potenzialità del medium romanzesco, anche dal punto di vista etico, laddove scrittura e lettura si fanno pregnanti metafore di una negoziazione sempre faticosa tra il sé, l’Altro e il mondo. A The Daydreamer di McEwan è dedicato il saggio “Metamorphosis of a Genre: The Daydreamer by Ian McEwan”, pubblicato sulla rivista di fascia A Impossibilia (2014), mentre la problematica etica, centrale al più recente romanzo dell’autore, The Children Act (2014), è analizzata in “The Child’s Welfare: etica e romanzo in The Children Act di Ian McEwan”. A Machines Like Me, il più recente romanzo di McEwan, ha dedicato due interventi a convegni internazionali, in corso di stampa su Cajetele Echinox e Between.
Al Convegno internazionale “Shakespeare and Money” (Pisa, 4-5 ottobre 2016) ha presentato un intervento dal titolo “Put but money in thy purse”: Shakespeare, Dedalus, and money in Joyce’s Ulysses”, pubblicato la Pisa University Press.
Nel gennaio 2018 ha partecipato al Convegno internazionale “William Hogarth in Time: Metamorphoses and Afterlives in European Literatures and Cultures”, con un intervento dal titolo “Hogarth and the Romantic Essayists, a Poetics of the Familiar”. Nel giugno 2018 è stata relatrice al Festival Shelley di Viareggio, di cui è organizzatrice scientifica, con un intervento intitolato “Percy e gli altri: romantici inglesi in Toscana nel primo Ottocento”. Nel settembre 2018 ha co-organizzato il Convegno Internazionale “The Library: An Interconnection of Worlds”, a cui ha presentato l’intervento “L’incanto dei libri: viaggio nelle biblioteche più belle del mondo”. Nell’autunno 2018 ha partecipato, su invito, a una giornata di studi e un convegno internazionali: “Due secoli con Ivanhoe” (Pisa, 18 ottobre 2018) e “Sovversioni e censure” (Pisa, 14-16 novembre 2018).
Nel 2019 è stata relatrice al convegno finale PRA “Mediazioni letterarie: itinerari, figure e pratiche” (Pisa, 23-25 gennaio 2019).
Ha recentemente ultimato la redazione di un volume monografico su Walter Savage Landor per la Pisa University Press. Nell’ambito del corposo macrotesto landoriano, lo studio prende in considerazione le opere legate all’esperienza italiana dell’autore, che comprendono poesie, tragedie, narrativa, ma soprattutto conversazioni immaginarie, il sottogenere di cui Landor fu indiscusso maestro. Allontanandosi dall’impostazione sostanzialmente biografica e dall’intento per lo più inventariale che caratterizza gli studi esistenti, peraltro tutti decisamente datati (J. Auer, Walter Savage Landor in seinen Beziehungen zu den Dichtern des Trecento, Dante, Boccaccio, Petrarca, 1903; G. Fornelli, Walter Savage Landor e l’Italia, 1930; F. Elkin, Walter Savage Landor’s Studies of Italian Life and Literature, 1934), il volume riconduce l’opera “italiana” di Landor all’interno del più ampio panorama dei rapporti anglo-italiani e, segnatamente, anglo-toscani nei decenni che vanno dagli anni Venti agli anni Sessanta del XIX secolo, con l’intento di gettare luce non soltanto sulle idiosincratiche posizioni di un intellettuale spesso in contrasto con le mode del suo tempo, ma anche, più in generale, sulle particolari dinamiche sottese ai rapporti culturali italo-britannici nell’Ottocento, che si arricchiscono d’interessanti sfumature ideologiche e politiche.

Per il Dizionario dei temi letterari (UTET, Torino) curato da R. Ceserani, M. Domenichelli e P. Fasano, ha redatto le voci PAESE/VILLAGGIO e VALLE. Nel tempo ha continuato l’attività di recensore.