Recensione di A.G. di “Mobilità Sostenibile”

Libro: Mobilità sostenibile di S.Maggi

Il libro è incentrato sulla mobilità urbana, perché nelle città, dove ormai vive gran parte della popolazione mondiale, è il problema più sentito e più urgente da risolvere. Ma il tema è comunque planetario, poiché il modello di ipermobilità, che consiste nel muoverci sempre di più con tutti i mezzi, tende a propagarsi a livello globale sia per le persone sia per le merci.

L’autore del libro ci vuole trasmettere che la strada deve garantire la sicurezza ai propri utenti e in particolare modo ai pedoni e ai ciclisti, i quali ne sono diventati utenti deboli. Infatti i mezzi a motore, che hanno permesso di muoversi liberamente e di acquisire un benessere diffuso, sono ormai onnipresenti, tanto da rendere necessaria una limitazione dell’accesso nei centri storici, nei lungomare e sulle strade di montagna.

Stefano Maggi è stato assessore alla Mobilità per un’intera legislatura al Comune di Siena e ha passato cinque anni a difendere l’unica corsia preferenziale per autobus esistente nella città, dovendo rispondere a interrogazioni in consiglio comunale, ad articoli sui giornali, a riunioni pubbliche, perché è convinzione diffusa che se il bus viaggia in una strada, ci debba viaggiare anche l’automobile, ma in realtà l’autobus svolge un servizio pubblico mentre le auto private rispondono ad un’esigenza individuale e quindi vanno considerate meno importanti dei mezzi ad uso collettivo. Maggi, però, nel periodo da assessore ha compreso quanto sia difficile attuare interventi allo scopo di ridurre il traffico e la sosta, a causa di una forte opposizione delle persone, gran parte delle quali non ha compreso il problema, poiché ognuno vede soltanto il suo piccolo interesse individuale. L’autore, infatti, muove una critica verso questo tipo di persone, per le quali l’importante è poter posteggiare la macchina sotto casa o poter circolare liberamente in moto o ciclomotore, senza alcuna considerazione per gli altri, come ad esempio per chi cammina. E per questo motivo, sono fortemente avversati sia gli interventi per limitare o far pagare i posteggi, sia le pedonalizzazioni finalizzate a farci camminare in sicurezza, senza rischiare di essere investiti e senza respirare i gas di scarico. Non siamo dunque consapevoli dei problemi della circolazione di auto e moto, sopratutto relativi alla salute, come i decessi prematuri per le polveri sottili e le morti provocate dagli incidenti stradali.

La strada, in passato, era un luogo di passaggio, ma era anche un luogo di tutti, dove si poteva giocare, parlare, passeggiare e quindi svolgeva un ruolo di socializzazione. Però dalla metà degli anni ’50, la crescita economica portò una prima diffusione del benessere e del consumismo, con i fenomeni più evidenti che riguardavano l’acquisto dell’automobile e degli elettrodomestici, il possesso di un veicolo più o meno costoso diventò da lì a poco un elemento determinante per lo status sociale. L’incremento della mobilità avviò una vera e propria unificazione della società nazionale, uniformando la lingua, i costumi e la mentalità delle nuove generazioni, questo effetto sociale di straordinaria portata è rimasto visibile per tutto il resto del Novecento, ma tutto ciò ebbe come conseguenza che si potè notare una netta distinzione tra le generazioni nate prima della diffusione delle auto, che si muovevano molto meno e in maniera più sostenibile per l’ambiente, rispetto alle persone nate dopo che, invece, si muovono molto di più e provocando gravi danni al sistema sociale ed ambientale.

Queste differenze si possono notare anche nell’aspetto architettonico dei centri urbani e nella localizzazione residenziale della popolazione; la necessità di box e garage ha sviluppato gli insediamenti residenziali nelle periferie e la nascita di centri di consumo, quali supermercati, intrattenimenti, centri di servizi che vengono localizzati in grandi strutture all’esterno dell’area urbana e dotati di parcheggi molto capienti. Questo processo ha avuto una sorta di autopropulsione, che ha portato alla continua riduzione dei contatti sociali nel luogo di residenza e al corrispondente incremento della domanda di trasporto. I giovani hanno iniziato a spostarsi costantemente dalle proprie dimore per lavoro o per diletto, senza vivere dove risiedono.

La motorizzazione ha dato una nuova dimensione alla vita, fornendo un trasporto libero, non subordinato agli orari imposti da altri, ma principalmente ha mutato i costumi e ha consentito di superare in maniera definitiva quella chiusura delle campagne che il treno non aveva mai potuto sconfiggere del tutto, concludendo la storica diatriba fra la città e il suo contado.

L’avvento dell’automobile ha fatto si che molti italiani cominciassero a spostarsi non solo per lavoro, ma anche alla scoperta della penisola e delle località di villeggiatura. Si è trattato in gran parte di traffico aggiunto, cioè di viaggi che non avrebbero avuto ragione di esistere se non si fosse posseduta un’autovettura. La massificazione degli spostamenti da un luogo all’altro, per pendolarismo, turismo, tempo libero, ha creato un continuo incremento del traffico, prima stradale e poi aereo, con il conseguente aumento dell’inquinamento, questo vale sia per il trasporto passeggeri sia per le merci. Questi sviluppi, forse positivi per l’economia, ma di sicuro dannosi per l’ambiente, hanno fatto emergere la necessità di costruire una mobilità più sostenibile, come un aspetto del tema generale dello sviluppo sostenibile, dal punto di vista economico, sociale e ambientale. Cioè uno sviluppo intergenerazionale in grado di rispondere alle necessità del presente, senza compromettere la salute e le possibilità per le generazioni future di fare altrettanto. Lo sviluppo sostenibile abbinato alla continua crescita demografica è diventato una questione fondamentale per la vivibilità del pianeta. 

Per non lasciare soltanto macerie ambientali a figli e nipoti, occorre un nuovo modello di società, che consumi di meno, che riutilizzi di più, che smetta di sprecare risorse in una parte del pianeta, mentre un’altra parte soffre la fame e la sete. Nuovi modelli occorrono anche nella mobilità, da migliorare con sviluppi tecnologici e con la promozione di strategie di comunicazione e di educazione su come muoversi meglio. Un esempio è rappresentato dall’espansione degli spostamenti via aereo che hanno comportato un notevole incremento delle emissioni e pertanto, si stanno progettando e sperimentando motori elettrici o ibridi per i velivoli, anche se al momento l’unico modo per mitigare l’impatto degli aerei sul clima sembra essere il sistema dell’emission trading, cioè il commercio delle emissioni di gas serra. In pratica, si possono acquistare quote di emissione, pagando chi riduce le emissioni stesse. 

Il senso comune non ha compreso il problema automobile, forse perché il sistema economico e sociale è ormai quasi interamente basato sugli autoveicoli. Di conseguenza sembra che nessuno voglia limitare l’uso dei mezzi individuali a motore. Tutto questo, nonostante gli studiosi sostengano da tempo che per arrivare a una mobilità meno inquinante occorre favorire un riequilibrio a vantaggio dei mezzi con minore impatto ecologico, facendo pagare a ciascun vettore i costi esterni sostenuti dalla collettività per consentire la sua circolazione. Ma il problema è che ogni impresa e ogni cittadino vede soltanto la propria prospettiva di spedizione o di viaggio e quindi non si cura di andare verso una visione complessiva ambientale.

Una possibile soluzione riguarda la plurimodalità di trasporti interconnessi che riducano il peso del trasporto su gomma il cui impatto crea i maggiori ambientali e sociali. Bisogna perciò passare ad un uso sempre maggiore di mezzi alternativi all’auto privata ma per far ciò sono indispensabili tanti accorgimenti: dalla regolarità, velocità e intensità del servizio pubblico, alla promozione economica, alla creazione di una rete pedonale e ciclabile sicura. Tutto questo non certo con il presupposto di eliminare le auto, bensì nella speranza di indurre a impiegare mezzi pubblici e mobilità attiva quando si può.

Il trasporto sostenibile si raggiunge quando le necessità di accesso per le persone a servizi e beni vengono soddisfatte senza produrre un danno permanente all’ambiente globale o ad ambienti locali, né disuguaglianze sociali. Nel libro, Maggi riprende l’enciclica di Papa Francesco, il quale dice che la qualità della vita nelle città è legata in larga parte ai trasporti, che sono spesso causa di grandi sofferenze per gli abitanti, e propone quindi di dare priorità ai trasporti pubblici.

La mobilità sostenibile consiste nel diminuire gli impatti ambientali, sociali ed economici generati dai veicoli privati e dai modi di trasporto meno ecologici quali l’inquinamento atmosferico ed emissioni di gas serra, l’inquinamento acustico, la congestione stradale, l’incidentalità, il degrado urbano, per lo spazio occupato dagli autoveicoli a scapito dei pedoni e il consumo del territorio.

Per fare ciò, sono state già prese alcune innovazioni a livello urbano come lo sviluppo della mobilità pedonale, lo sviluppo della mobilità ciclabile, anche con esperienze di bike sharing, il potenziamento e razionalizzazione dei mezzi pubblici con politiche adeguate di comunicazione e di incentivo, le politiche di tariffazione e pedaggi per l’accesso ai centri storici, la pianificazione della mobilità aziendale e territoriale e la gestione della domanda.

Nell’ambito complessivo, la mobilità sostenibile abbraccia, quindi, diversi obiettivi della sostenibilità, ma sembra rimanere in ombra rispetto ad altre tematiche, nonostante riguardi la vita di tutti, ogni giorno. Infine, è da tenere sempre presente che nei trasporti lavorano molte persone e dunque un nuovo modello di mobilità sarebbe fortemente avversato da tutti quelli che rischierebbero di perdere l’impiego o dovrebbero riconvertirsi, quindi non si può fare altro che procedere per piccoli passi. D’altro canto creare aree di parcheggio significa continuare ad incentivare l’uso dell’automobile, senza promuovere nuove forme di mobilità e senza dedicarsi in maniera coerente e continua a ridurre inquinamento e traffico. La soluzione per ridurre il traffico è quella di togliere i parcheggi, in modo da costringere a usare i mezzi pubblici o la mobilità attiva.

La mentalità comune di approccio alla problematica dei parcheggi va verso tutt’altro tipo di ragionamento: non ci sono spazi dove posteggiare la macchina, quindi il Comune deve creare i parcheggi. È da rilevare positivamente che recentemente è entrato nel senso comune il rapporto automobile-ecologia, consistente nel cambiamento dei motori verso la propulsione elettrica o ibrida. Infatti al momento si stanno producendo e reclamizzando senza sosta i Bev, cioè gli autoveicoli elettrici a batteria, e i monopattini elettrici che fanno parte del nuovo settore della micromobilità giovanile.

L’aumento della consapevolezza ha fatto si che le case automobilistiche investissero sulla sicurezza, ma tale effetto ha avuto un minor riscontro sulle strade, dove pedoni e ciclisti sono esposti ad alti rischi causati dalla priorità accordata alle auto, infatti, purtroppo, nella mentalità comune, continua a prevalere l’attenzione ai veicoli e alla loro circolazione, mentre il pedone non è ancora oggetto di adeguata tutela, e per alcuni rimane un disturbatore di auto, così come il ciclista. Più volte, per ridurre la quantità di emissioni e la quantità di incidenti, si sono attuati i blocchi della circolazione, ma servono a poco se realizzati saltuariamente, occorre invece renderli permanenti ed estesi a tutto l’ambito urbano, senza deroghe per i veicoli di nuova immatricolazione con motore a combustione interna. Un esempio dell’importanza di ridurre l’inquinamento si può trovare anche nella pandemia che stiamo vivendo. Proprio a causa delle emissioni e delle polveri sottili il Covid-19 potrebbe aver avuto un’accelerazione nella Pianura Padana.

La situazione impone dunque interventi urgenti che riequilibrino i modi di trasporto a favore della rotaia, che inquina molto meno, sostenendo inoltre il trasporto collettivo e la mobilità attiva. Tra le soluzioni adottate, una molto importante è la sharing mobility, che è un fenomeno socio-economico che investe il settore dei trasporti tanto dal lato della domanda quanto dall’offerta. Dal lato della domanda, la Sharing mobility consiste in una generale trasformazione del comportamento degli individui che tendono progressivamente a preferire l’accesso temporaneo ai servizi di mobilità piuttosto che utilizzare il proprio mezzo di trasporto. Dal lato dell’offerta, questo fenomeno consiste nell’affermazione e diffusione di servizi di mobilità che utilizzano le tecnologie digitali per facilitare la condivisione di veicoli e/o tragitti realizzando servizi scalabili, interattivi e più efficienti.

Fanno parte di questa tipologia di intervento il car pooling, cioè il viaggio insieme per andare al lavoro o a scuola o anche per turismo/svago, e il car sharing, cioè l’organizzazione di un parco di autovetture delle quali si può usufruire secondo le proprie necessità, tramite il pagamento di una quota associativa e di una tariffa oraria o chilometrica rapportata all’uso. Lo stesso principio del car sharing vale per lo scooter sharing e per le varie forme di bike sharing, che hanno di solito quote associative e abbonamenti che consentono vari viaggi al giorno. L’obiettivo della sharing mobility, non è tanto il tipo di motore usato quanto la diminuzione dei veicoli in sosta e in circolazione, grazie alla condivisione del mezzo, si riscontra infatti un miglioramento della vita in città se i veicoli vengono condivisi, riducendone il numero complessivo.

Per il cittadino, che comunque ha bisogno di una maggiore informazione e anche di una formazione specifica, questo sistema consente un risparmio importante sulle spese di mobilità. Difficile dire quanto si risparmia, dato che dipende dai chilometri percorsi, dai tipi di tragitto, dagli orari di utilizzo, dal modello di veicolo, però il risparmio c’è ed è tangibile.

Un’altra soluzione è il sistema di guida autonoma, costituito da un pacchetto integrato di meccanismi automatizzati, che operano in maniera sinergica, grazie ai quali i movimenti dell’automobile vengono condotti da dispositivi elettronici, interconnessi anche tra veicolo e apparati stradali, anziché dall’uomo, ma rimane l’uomo responsabile delle prestazioni del veicolo come operatore.

Possiamo quindi dire che per mobilità sostenibile si intende la pedonalità, la ciclabilità, la demotorizzazione, l’uso del trasporto pubblico e i motori a zero emissioni. Bisogna informare per costruire una corretta consapevolezza nell’ambito dei trasporti individuali e delle politiche territoriali sulla mobilità, che possono generare forti opposizioni alle indispensabili limitazioni della velocità, della sosta e della circolazione, dovute all’eccessiva presenza di veicoli a motore.

Nel XXI secolo dovrebbero essere completati i corridoi, cioè i grandi itinerari di passaggio, e ci si dovrebbe dedicare per il resto alle manutenzioni di ponti, gallerie, asfalto, incentivando la demotorizzazione e la conversione verso i veicoli con motori a zero emissioni. Manca una policy nazionale della mobilità, per cui si procede in ordine sparso, sebbene si siano registrati progressi non da poco negli ultimi due decenni, lo stesso vale per le policy a livello europeo. Soltanto di recente la politica comunitaria si è rivolta alla sostenibilità e dunque a risolvere i principali problemi del settore quali la congestione, soprattutto stradale e aerea, la decarbonizzazione, il miglioramento della qualità dell’aria, con l’obiettivo di ridurre entro il 2050 le emissioni dei trasporti del 60% rispetto ai livelli del 1990, ivi compresa la diminuzione delle polveri sottili, e  la modernizzazione delle infrastrutture.

La pandemia mondiale da Covid-19, ha rappresentato un vero e proprio stacco nel settore della mobilità, perché ha introdotto un inedito blocco nei movimenti delle persone e in parte delle merci, quindi ha fermato il traffico e ha frenato l’inquinamento da questo causato. Si è interrotta la presenza fisica a scuola, si sono chiuse quasi completamente le fabbriche, si è trasferita online l’attività di molti uffici, si sono ridotti al minimo i trasporti a lunga percorrenza, compresi quelli aerei. Dall’emergenza è scaturito un modello di vita diverso da quello dell’ipermobilità cui da tempo ci eravamo abituati. Le immagini dai satelliti ci hanno offerto la percezione di un mondo più pulito, mentre si è ridotta ai minimi termini l’emissione di polveri sottili, soprattutto il particolato considerati i suoi effetti, sia come elemento che indebolisce le difese dell’individuo, sia come veicolo di trasmissione del virus.

Cosa occorre nel settore della mobilità per muoversi meglio nel XXI secolo? 

Occorrono tanti cambiamenti sociali e tecnologici, è necessaria un’attenzione alla salute molto maggiore, probabilmente dovremo ritornare un po’ sui nostri passi e riflettere sulla necessità di una rieducazione civica. Per ottenere un miglioramento nella qualità della vita, in particolare nelle città, bisogna che la mobilità attiva e la mobilità collettiva trovino spazio e siano incentivate.

Ci vuole un governo nazionale, coordinato anche a livello internazionale, in grado di dettare la via da seguire, perché al momento ben pochi hanno chiara la questione, che passa anche per una educazione alla mobilità, al fine di insegnare a tutti come muoversi meglio, e per una cultura della mobilità in grado di far recepire all’opinione pubblica gli interventi indispensabili e gli atteggiamenti corretti.